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La dieta a
zona
Il percorso dello
zonista
Cosa dicono
i
sostenitori della dieta a zona
La dieta a zona fu proposta da Sears (1995); tale
dieta si basa sulla riduzione della produzione di insulina,
responsabile di trasformare i carboidrati in eccesso in
adipe.
I
calcoli della dieta a zona - La dieta a zona funziona
così:
a) si
calcolano le proteine necessarie, tenendo conto della massa magra
del soggetto e del suo indice di attività;
b) si
calcolano i carboidrati per evitare di scatenare un picco
d'insulina. Per Sears il rapporto fra proteine e carboidrati deve
essere compreso fra 0,6 e 0,8, ottimale 0,75. Poiché il rapporto
ottimale è 30:40, i grassi si stimano nel 30%. Sears suggerisce
perciò la formula 40-30-30.
Questa
formula ha dato luogo a una grande confusione e rivela una scarsa
propensione ai modelli matematici dell'ideatore della dieta a zona.
Poiché si parte dal calcolo delle proteine, la quantità di
carboidrati si calcola successivamente (indice 0,75). I grassi
secondo la formulazione classica devono essere pari al 30% delle
calorie totali. In tal modo però si ottiene una dieta fortemente
ipocalorica.
L'errore principale della
dieta a zona
Per chiarire una volta per tutte cosa
non funziona nella dieta a zona, cerchiamo di essere sintetici,
precisi e rigorosi. Il nostro soggetto è un sedentario (per
semplicità, in modo da non dover calcolare i contributi lavorativi o
sportivi) di 70 kg e con massa grassa accettabile (diciamo un 15%,
cioè non è obeso né particolarmente sovrappeso).
Quindi:
PESO=70 kg
NOTE
PER GLI ZONISTI - Prima di leggere questa critica alla zona,
considerate che:
1)
Scientificamente per dimostrare che una teoria non è valida basta
dimostrare che esiste UN SOLO caso per cui non vale. Se la zona
fosse più modesta probabilmente questa pagina non sarebbe stata
scritta, ma visto che si è posta come deus ex machina
dell'alimentazione che risolve sovrappeso e patologie gravi (che
tristezza leggere l'elenco delle patologie, oggi incurabili, che la
zona curerebbe, un vero insulto a chi soffre!), basta trovare uno o
più situazioni in cui non vale o produce risultati
deludenti.
2) Non
hanno pregio affermazioni del tipo "su di me ha funzionato". Questa
non è una posizione scientifica. Qualunque dieta su qualcuno
funziona. La presunzione della zona è che possa andar bene per
tutti. Ricevo almeno una ventina di mail al mese di ex-zonisti che,
dopo il periodo iniziale, hanno incominciato ad avere problemi:
donne con amenorrea, uomini stanchi ecc.
3) Non
ha pregio la posizione semplicistica di chi risolve questi casi
dicendo: "hanno fatto male la zona". Molti di questi zonisti
hanno pagato profumatamente dei dietologi convertiti alla zona e
sono stati da loro seguiti.
4) Non
ha pregio chi cerca di smontare le critiche di questa pagina in
maniera superficiale. Se c'è un errore va evidenziato e segnalato.
Analizzate i ragionamenti e poi indicate gli errori (se ci
sono).
5)
Poiché la zona è spesso "personalizzata", critico tre formulazioni,
fra di loro indipendenti. Leggetele tutte e tre e poi scegliete
quella che interpreta la vostra idea di zona e cercate di
demolire le critiche. Non ha pregio mischiare le varie formulazioni
per fare confusione e concludere che "le critiche alla zona sono
sciocchezze".
PRIMA FORMULAZIONE:
40-30-30
Nella
formulazione classica della dieta a zona si parte dal fabbisogno
proteico. Secondo Sears, le proteine necessarie al nostro sedentario
sono 1,1 g per ogni kg di massa magra, cioè 65,5 g pari a 262 kcal.
In una prima "correzione", si parla di assumere comunque 77 g di
proteine, ma ciò sposta il nostro conto al massimo di 153 kcal,
lasciando sempre una miseria totale; in una seconda correzione si
dice che un uomo dovrebbe assumere 13 o 14 blocchetti di proteine,
ma ciò porta comunque a una dieta ipocalorica al massimo da 1306
kcal ed è in contrasto con tutte le ricerche sul fabbisogno
proteico che parlano di 0,83 g/kg di peso per una persona
normale, proprio pari al coefficiente 1,1 originario (riferito alla
massa magra). Sears era partito dai dati scientifici, poi ha fatto
marcia indietro perché da tali dati si ricavavano fabbisogni
calorici da fame e ha "allargato", facendo credere che 1,1 fosse il
dato per persone ospedalizzate (in realtà le ricerche ricavano tale
dato da sedentari perfettamente normali): gli zonisti hanno
abboccato, felici di aver ripristinato un fabbisogno calorico più
realistico, senza accorgersi che i 14 blocchetti contraddicono i
dati scientifici sul fabbisogno proteico. Insomma la coperta è
troppo corta, tiri da un lato e ti scopri
dall'altro!
Utilizziamo in questa prima
formulazione, il dato originario di Sears, 1,1 (coerente con ciò che
la scienza dice essere il fabbisogno scientifico di un sedentario
sano e attivo). Calcoliamo i carboidrati secondo il rapporto 40:30 e troviamo
350 kcal. I grassi contribuiscono alla dieta nella stessa quantità
delle proteine e sono pari a 262 kcal.
Totale:
874 kcal.
Se il
fabbisogno calorico del nostro soggetto (cioè la quantità di calorie
giornaliera che lo mantiene allo stesso peso) è superiore a 900 kcal
(praticamente per il 100% della popolazione di 70 kg), come
conseguenza della dieta a zona il soggetto comincerà a dimagrire
(ecco perché la dieta a zona come dieta dimagrante va benissimo!);
anche l'osservazione che il metabolismo potrebbe abituarsi a una
dieta da 900 kcal (cosa peraltro molto dubbia), non ha pregio perché
vivere tutta la vita a 900 kcal al giorno non è poi il
massimo…
SECONDA
FORMULAZIONE: il rapporto 0,6
Sears
ci avverte che il rapporto ottimale proteine/carboidrati è 0,75, ma
ancora con 0,6 si è in zona. Rifacciamo i conti e i carboidrati
diventano (le proteine, e quindi i grassi, restano uguali a prima):
437 kcal.
Totale:
961 kcal.
87 kcal
in più non modificano di certo le osservazioni
precedenti.
TERZA
FORMULAZIONE: nella zona i grassi possono
aumentare
Questa
formulazione nell'opera originaria di Sears non è presente, ma è
stata "concepita" successivamente per rendere fattibile (direi
"umana") la dieta a zona. L'importante è il rapporto
proteine/carboidrati; per i grassi si può integrare fino al
fabbisogno giornaliero. A parte che è evidente la confusione che
nasce dopo aver proposto una formulazione 40-30-30, rifacciamo i
conti.
Consideriamo uno dei tanti sportivi: 56 kg
per 12% di massa grassa -> massa magra 49,3 kg, fabbisogno
proteico -> 1,7*51,4=83,8 g -> calorie 335; calorie da
carboidrati: 4/3*335=447. Visto che fa in media 15 km di corsa al
giorno, il suo fabbisogno calorico è di circa 2200 kcal (1400
di basale, già molto basso, + 800 di dispendio sportivo); anche
ammesso, come sostengono molti zonisti, che potrebbe
ridursi (ma come, visto che il lavoro energetico per compiere 15 km
in un soggetto di 56 kg è scientificamente accettato essere fra 750
e 850 kcal?) a 1800 kcal, avrei una ripartizione: 447-335-1018, cioè
24,8-18,6-56,5 (se prendo il dato reale di 2200 kcal ottengo:
447-335-1418, cioè: 20,3-15,2-64,4). In pratica per chi fa sport
attivamente la zona è una dieta lipidica. Che vita è assumere
ogni giorno il 60% circa di grassi???
Uno dei punti critici della dieta
a zona di Sears è proprio la gestione degli acidi grassi. In teoria
dovrebbe essere sufficiente mantenere un rapporto corretto fra
proteine e carboidrati, in realtà si scopre che dall'analisi degli
acidi grassi e degli eicosanoidi (buoni e cattivi) Sears trova tutta
una serie di limitazioni (alcune delle quali positive come il
consiglio di non utilizzare oli idrogenati) che praticamente rendono
impossibile il seguire la dieta a zona: per esempio dovete evitare
di assumere troppo acido alfalinolenico che blocca la produzione di
eicosanoidi buoni. Purtroppo quest'ultimo è contenuto nella frutta
secca che guarda caso è indispensabile per avere una quantità di
grassi sufficiente nella dieta senza usare grassi animali (saturi);
se come alimento lipidico nella dieta si limita anche la frutta
secca, si dovrebbe vivere praticamente a olio e a olive, gli unici
alimenti grassi buoni.
Che
vita è? Oppure, come fanno molti zonisti, si bara con i conti e
poi si afferma di "fare la zona"...
In
realtà Sears ha il merito di:
a) aver
smitizzato i carboidrati e la dieta mediterranea;
b) aver
introdotto il concetto di ripartizione dei
macronutrienti;
a
questo punto doveva arrivare a concludere che:
c) per
un sedentario è impossibile avere una dieta equilibrata e
gestibile;
d)
introducendo i dispendi sportivi è possibile alzare la quota di
carboidrati (anche l'insulina serve quando ripristina le scorte di
glicogeno! Altra dimenticanza di Sears).
L'ortoressia della dieta
a zona
In realtà anche altre
formulazioni (come la zona
italiana) sono così complesse nei calcoli che si
contraddicono da sole. La dieta a zona è una forma di ortoressia
matematica e di ortoressia salutista a un tempo. Infatti
secondo Sears si
avrebbero reali benefici sulla salute in generale (prevenzione del
diabete, riduzione del colesterolo, dell'ipertensione ecc.), grazie
agli eicosanoidi "buoni". Gli eicosanoidi sono superormoni
che vengono sintetizzati a partire dagli acidi grassi essenziali
(omega-6 e omega-3). L'insulina attiva la produzione di quelli
"cattivi" (favoriscono l'aggregazione piastrinica con formazione di
trombi, la vasocostrizione, le infiammazioni e le allergie, la
proliferazione cellulare, deprimono la risposta immunitaria), mentre
il glucagone attiva quelli "buoni" (antagonisti di quelli cattivi).
A prescindere dal fatto che lo stesso Sears mette in evidenza che il
concetto di buono o cattivo (anche gli eicosanoidi cattivi svolgono
funzioni positive per l'organismo!) è sempre relativo a una
condizione di equilibrio come quello fra insulina e glucagone, in
realtà le cose sono molto più complesse di quanto Sears voglia far
intendere. Il discorso sugli acidi
grassi essenziali e sulla loro integrazione
è lungi dall'essere concluso.
Come tutte le diete affette da ortoressia
matematica, basare una dieta su calcoli matematici significa
scavarsi da soli la fossa. Per la dieta a zona due sono i
fattori che rendono impossibile tale approccio.
La
variabilità individuale - Lo stesso Sears suddivide la
popolazione in tre fasce, una normale rispetto alla risposta
insulinica (50%) e due anomale. Per un
25% la reazione insulinica è lenta: il soggetto può abbondare di
carboidrati senza ingrassare, né entrare nel circolo vizioso della
fame continua (tipologia a-insulinica). Per l'altro 25% della popolazione (tipologia
b-insulinica) la risposta insulinica è esaltata: basta
annusare un bignè e già si è messo su mezzo chilo. In sostanza il
75% della popolazione deve controllare il consumo di carboidrati. È
evidente che se gli individui si comportano in modo diverso non è
possibile generalizzare le conclusioni in maniera matematicamente
maniacale. Per un individuo il rapporto ideale può essere 0,6, per
un altro 0,5, per un altro 0,75 ecc.
La
variabilità dei cibi - È impossibile calcolare una
ripartizione esatta dei macronutrienti su blocchi e miniblocchi. I
calcoli di Sears sono pure elucubrazioni mentali perché un dato
alimento può variare moltissimo le proprietà; non è un problema di
zona geografica (USA o Europa), ma anche di:
a)
metodo e tempo di raccolta
b)
qualità (specie) del prodotto
c)
metodo di produzione
d)
conservazione (che incide per molti alimenti sulla percentuale di
acqua ecc.).
Il
dipartimento americano dell'agricoltura ha un database con le
proprietà di tutti gli alimenti sul mercato americano. Se si cerca
pomodoro si ottengono 71 record: le proprietà cambiano a
seconda della qualità, del mese di raccolto, della conservazione
ecc.
Quando
si dice che un pomodoro ha 24 kcal si esprime una media; il
singolo pomodoro può averne 19 o 28. Il tonno al naturale può avere
100 kcal, ma ne ha 125 se cotto a pressione! Come si vede ogni dieta
che diventa maniaca dei conti sul singolo pasto può essere messa
facilmente in difficoltà e quindi non ha senso. Se mi limito al
semplice calcolo delle calorie giornaliere, i vari errori si mediano
e si ottiene un risultato vicino alla realtà, ma se pretendo di
trattare con blocchi e miniblocchi non posso che fallire
miseramente.
L'errore dei
macronutrienti nella dieta a
zona
Sears considera solo
l'azione dell'insulina, ma non parte dalle reali necessità del corpo
umano..
Se si calcolano le proteine e i carboidrati
necessari all'individuo (cioè le quantità minime giornaliere usate
dal corpo), si scopre che tale rapporto non è quello indicato da
Sears.
Per un sedentario
(per uno sportivo è ancora peggio perché Sears non tiene conto che i
carboidrati persi con l'attività sportiva devono essere
ripristinati) tale rapporto (Appendice 18) è 10,3/3,3 = 3,1 ben
lontano da quell'1,33 che indica Sears. Il sistema non ammette cioè
soluzioni. Sembrerebbe quindi che la natura si diverta da un lato
a richiedere un rapporto diverso, dall'altro a fare in modo che
questo rapporto sia dannoso. Se si rispetta il rapporto di
Sears, si limita l'azione dell'insulina, ma si obbliga il corpo a
trasformare le proteine e i grassi (e, ricordiamolo, la
trasformazione origina scorie che devono essere eliminate) in
carboidrati; se non si rispetta, parte il processo
insulinico.
Chi va a fare i conti nella zona trova che le cose non
tornano. È per questo che Sears è stato snobbato dalla comunità
scientifica internazionale (in parte a torto, ma è difficile
dialogare con chi si va a impelagare in posizioni insostenibili
partendo da un principio corretto) e ha le prime pagine solo di
giornali "divulgativi".
L'errore del glicogeno
La dieta a zona di Sears ha innescato una grossa
confusione sul reale ruolo dell'insulina sulla nostra salute.
Un'evoluzione non corretta dei ragionamenti di Sears può portare a
demonizzare questo ormone, cosa di principio assurda perché ogni
sostanza che è presente nel nostro metabolismo ha una funzione
positiva.
Come tutti sanno, per gli sportivi è
fondamentale avere a disposizione riserve di carboidrati da
utilizzare negli sforzi di una certa intensità. I carboidrati
utilizzati durante l'attività fisica provengono:
a) dal glucosio circolante nel sangue
b) dal glicogeno immagazzinato nei
muscoli
c) dal glicogeno immagazzinato nel
fegato.
La quantità relativa al primo punto è molto
modesta e non potrebbe garantire sforzi prolungati. È per questo che
il corpo immagazzina energia sotto forma di glicogeno.
Il meccanismo di regolazione delle scorte di
glicogeno è modificato dall'insulina; è quindi un
errore pensare che l'insulina agisca solo sul glucosio circolante
nel sangue (glicemia). Infatti la secrezione di insulina aumenta la
formazione di glicogeno a spese del glucosio, abbassando così il
glucosio presente nel sangue (azione ipoglicemizzante). In realtà il
tasso di glucosio è influenzato anche da altri ormoni (come il
glucagone) che agiscono in controtendenza all'insulina. Il processo
è descritto nella sua completezza in Perché si
ingrassa.
Cosa accade quando le riserve di glicogeno sono
al massimo? Nel magazzino non c'è più posto e si deve immagazzinare
l'energia in altra forma (fra l'altro più compatta perché richiede
meno acqua): il grasso. Ecco che allora l'azione dell'insulina
diventa negativa perché da agente energetico diventa un agente
"ingrassante": il surplus di carboidrati è trasformato in
grassi.
L'errore di Sears consiste nel non aver compreso
che l'azione dell'insulina è seriale: prima riempie le scorte di
glicogeno e poi passa alla trasformazione in grasso. Solo in un
sedentario sovrappeso in cui le scorte sono già al massimo, la prima
fase non esiste e il ragionamento di Sears è corretto. Del resto in
tutti i libri di fisiologia dello sport si spiega il processo,
tant'è che per un recupero veloce si consigliano cibi ad alto indice
glicemico (mentre se le scorte sono già al massimo è meglio limitare
l'azione dell'insulina e usare cibi a basso indice glicemico onde
avere un carico
glicemico globale minore). |